Gli Etnèi, si sa, alle categorie comuni al nostro genere, materia e spirito, una terza ne aggiungono, nativa e perentoria quanto le altre due: la Montagna. Ovunque si trovi, lontano dalla sua terra e dai suoi luoghi, e quale che sia la circostanza o l’accidente con cui deve misurarsi, e sia breve o lungo il tempo dell’impegno, l’Etnèo sa di ritrovarsi accosto, o dentro di sé, e profondamente, la Montagna. Sempre.
Fuggila e fuggi quanto vuoi, dove vuoi, con chi vuoi; puoi anche mentire agli altri, dicendo di averla dimenticata, d’esserne guarito. A te stesso, no. Usque recurret: l’avrai sempre alle calcagna. L’udirai. La ritroverai in te.
(Giuseppe Sambataro)
Una storia all’ombra del Vulcano
La storia di Belpasso è indissolubilmente legata alla presenza del vulcano Etna, ‘a Muntagna, come affettuosamente i suoi abitanti la chiamano. Dalle prime testimonianze – che risalgono al Paleolitico – fino a oggi l’Etna è stata la protagonista della storia, non solo da un punto di vista meramente ambientale ma anche per gli eventi a essa legati. La città odierna è frutto, infatti, di tre fondazioni, da Malpasso sorta, e sviluppatata nei pressi di contrada Misericordia, a Fenicia Moncada, costruita in contrada Valcorrente dopo l’eruzione del 1669, fino a Belpasso, rinata dal terremoto del 1693. E, insieme all’Etna, artefici della propria fortuna sono proprio i Belpassesi che, chiunque ne abbia tramandato, sono descritti come persone ricche di volontà e dall’animo vigoroso.
Le prime testimonianze di una frequentazione del territorio belpassese sono riconducibili al 5000 a.C., rese note grazie ai ritrovamenti presso il sito di Fontana di Pepe. In seguito, dal Neolitico fino all’Antica Età del Bronzo, è il sito di contrada Valcorrente a restituire nuovi dati, mostrando che il territorio era sede di impianti di lavorazione di diverse risorse come argilla, pietra, tessuti, cereali. I dati archeologici finora raccolti hanno documentato un’occupazione del territorio di Belpasso caratterizzata da insediamenti sparsi, localizzati su basse colline di origine vulcanica che, grazie alla differenza altimetrica rispetto alle aree circostanti, offrivano le condizioni necessarie allo stanziamento umano in zone di elevato valore strategico e dominio visivo.
Alle ricerche sistematiche se ne aggiungono molte altre che restituiscono tracce di frequentazione in tutto il territorio, fino anche all’odierno centro urbano, attraverso la cosiddetta grotta Floresta, che attesta la frequentazione nell’età del Bronzo, nelle pendici più alte, con il probabile uso di seppellire i morti in grotte di scorrimento lavico. Dell’epoca ellenistica restano solo poche tracce, parzialmente cancellate da una fattoria di epoca romana e una chiesa di epoca bizantina (venute alla luce presso il sito di contrada Grammena).
Le radici della Belpasso moderna risalgono al periodo della conquista normanna della Sicilia, quando fu portata avanti dai regnanti una poderosa opera di riurbanizzazione a seguito dell’invasione islamica, e al governo aragonese, quando nel 1308, nelle Rationes Decimarum, appare per per la prima volta il toponimo Passu. Allo stesso secolo appartengono i ruderi della cosiddetta “Cisterna Regina”, l’antico impianto di raccolta delle acque piovane e del Piscitello situato presso la residenza estiva della regina Eleonora d’Angiò che ella fece costruire dopo la morte del Marito Federico III.
Solo nel XV secolo appare per la prima volta il toponimo Malpasso (Malupassu): il casale – sorto nei pressi di contrada Misericordia e sviluppatosi ampiamente – secondo una leggenda deve l’origine del nome alla cattiva fama che la zona aveva acquistato a causa delle numerose scorribande di malviventi o alla presenza dei rigogliosi meleti del bosco etneo. Il centro scampa all’eruzione del 1537, che ne danneggia solo parzialmente il territorio. Nel 1636, a causa delle ormai insostenibili lotte con il feudo di Paternò, Malpasso ottiene l’autonomia e viene costituita Terra e Universitas, inglobando i numerosi casali limitrofi e acquistando un vastissimo territorio. Nello stesso anno viene eletta Santa Lucia, martire siracusana, a patrona della Città, la cui devozione risaliva almeno al secolo prima grazie alla vicina presenza del monastero dei Padri Carmelitani.
Nel corso di pochi decenni, la città subisce due nuove fondazioni, la prima avvenuta immediatamente dopo l’eruzione, con il nome di Fenicia Moncada, attingendo alla mitologia orientale della fenice e in riconoscimento alla nobile famiglia che aveva contribuito alla ricostruzione. Dopo il terremoto del 1693 la città è rifondata a nome di Belpasso, in segno di buon auspicio per il futuro. Particolare è la pianta del centro urbano (probabilmente già in uso a Fenicia) con una struttura di 9×8 isolati di 50×50 m2 e un impianto stradale ortogonale costituito da Rette, Traverse e la via principale, la Via Etnea (oggi Via Roma).
Dalla seconda metà del Settecento fino al 1948 la storia di Belpasso è caratterizzata da continui disordini in parte di influenza nazionale, in parte sorti localmente, partecipati con ardente fervore e, a volte, con sconsideratezza.
Dall’Unità d’Italia a oggi, due sono stati i motori della vita sociale e culturale di Belpasso: da una parte i quartieri, centri di aggregazione spesso a livello parentale (almeno in origine) con proprie abitudini e tradizioni, propri caratteri e tendenze sociali, livelli culturali, scelte e orientamenti di politica; dall’altra i Circoli, che si sviluppano come dato di avanzamento culturale e di conoscenza civile, consapevolezza morale, schietto e forte sentimento di solidarietà.
I primi decenni del ‘900 sono teatro di grandi cambianti nella politica locale e di crisi, dovuti alla guerra di Libia e la Grande Guerra. Allo stesso tempo, però, si assiste alla nascita di numerose opere pie. La ripresa avverrà solo a partire dal secondo dopoguerra, anche se con misure non adeguate, danneggiate da un’atmosfera di distacco delle nuove generazioni.
Oggi la situazione appare volta al cambiamento: nonostante quest’alone di disinteresse aleggi ancora, spinto da una perdita delle radici che legavano i Belpassesi all’amore per una terra conquistata con fatiche e sacrifici, ciò che porta avanti la Città, promuovendola e riscattandola dal torpore, è l’impegno di quanti, nel pubblico o nel privato, conservano la memoria e quel “comune senso di provenienza”, sprone per continuare a lottare, sensibilizzare gli animi e ritrovare la Belpasso delle origini.
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